domenica 15 giugno 2008

Bangkok Shocks, Saigon Shakes, Hanoi Rocks!

Siracusa, seconda metà anni '80

Il ragazzino ha lasciato casa alle spalle.
Un giro di chiave sulla moto e via.
Come ogni pomeriggio.

E' solo.
Come sempre.
La maglietta Harley Davidson cade precariamente addosso al suo corpo ossuto, lisa e consunta dall'uso.
Capelli scuri, boccolosi e ondulati, scivolano lunghi sulla schiena ricurva.

Un garage ombroso.
Punto d'incontro.
Ragazzi più giovani, ma non importa.
Nel Metallo si ritrovano, rabbia e sfogo confuso.

Il ragazzino mostra contento l'ultimo tesoro... Powerslave degli Iron Maiden.
In cassetta. Originale.
Gli occhi brillano.
E non importa se il giorno dopo non ci saranno soldi per mangiare durante la ricreazione o si spingerà a piedi la moto senza benzina sotto il sole delle due di pomeriggio.
Certe follie sono necessarie. Vitali.

Troppo preso dai papà di Eddie il ragazzino mette in tasca con poca cura una cassetta prestata da un amico.
Una delle cassette di una volta.
Le compilation per gli amici o le cassette per la ragazza del cuore.

E' sera.
Il ragazzino consuma ripetutamente la cassetta degli Iron Maiden nel mangianastri.
Prima di dormire ricorda dell'altra cassetta.
Nastro adesivo storto e grafia incerta.
Ascolta.
Ascolta di nuovo.
E ancora.

Questi americani [sic!]... questi Hanoi Rocks sono divertenti.
Nei giorni, mesi a seguire tornerà spesso a quella cassetta.
E Hanoi Rocks! diventerà l'urlo di battaglia di una guerra contro sconosciuti nemici.

Qualche anno dopo quello stesso ragazzino affronterà l'esame di maturità parlando di Rime Of The Ancient Mariner degli Iron Maiden con l'esaminatrice d'Inglese.
Ma questa è un'altra storia.

Sud della Finlandia, fine anni '90

Saranno le ventitrè, minuto più minuto meno.
E' un giorno di settimana.
Ma la terra del Kalevala insegna che ogni giorno è buono per bere.
Da soli o in compagnia.

Il ragazzo cammina spedito, ormai abituato all'equilibrio precario degli stivali scuri sul fondo ghiacciato dei marciapiedi.
Il vento graffia il volto mentre le ciglia si attaccano ghiacciate insieme.
Stasera nessuna donna da vedere o feste da presenziare: meglio così.
Salendo verso la città, l'occhio fissa come abitudine l'orologio digitale della stazione ferroviaria: dodici gradi sotto lo zero.
Non fa tanto freddo stasera.

Il ragazzo scompare dalla notte e si tuffa dentro due porte scorrevoli di legno scuro, pesanti e spesse.
Dentro lo accoglie l'odore di birra, sigarette e il sentore leggero di vomito in un angolo lontano.
Al bancone prende una pinta, si guarda intorno... all'altra estremità del bar un uomo con le sue birre, logoro gilet nero, camicia bianca, stivali, un'eccentrica penna d'uccello infilata in una bandana scura, occhiaie pesanti e tumefatte... il volto consumato dai propri demoni.

Il ragazzo lo riconosce.
Ma ormai uso alla paradossale schiettezza alcolica dei finnici si avvicina.
Kippis a te.
Kippis.
E parlano.
Come se si fossero conosciuti da sempre.
Come se non fosse la prima volta.
Lui nel suo inglese italiano, misto allo slang brit che gli piace tanto, l'altro nel simpatico inglese finlandese, fatto di accenti germanici, americanate e imbarazzo.

Altre birre, altre storie.
Che nessuno dei due ricorderà il giorno dopo.
Ma non importa.

Il bizzarro personaggio dà in escandescenze, mandando a quel paese il barista.
Il quale, senza tanti complimenti e ossequi, lo solleva di peso e lo scaraventa fisicamente fuori dal locale.
Il ragazzo non si muove.
E' normale.
Il prezzo da pagare per la libertà che si riceve in un paese tanto riservato e puro.

Rimane seduto, manda giù una vodka.
Poi un'altra.
Si gira e guarda verso la porta.
Non bascula più.
E Andy McCoy, leggendario guitarist dei finnici Hanoi Rocks, starà portando le sue sfatte membra a casa o cercando un altro rifugio per i suoi vizi.

Il barista annuncia "All you wankers can go fuck yourselves so I can close down and call it a night. Fuck off now."
Il ragazzo guadagna la strada di casa, scivolando senza cadere sul ghiaccio, equilibrista delle ore piccole, mentre con mano infreddolita sotto guanti doppi tiene alto il bavero della giacca.

Per un attimo si specchia nella vetrina di una pizzeria turca ormai chiusa da ore.
Si riconosce, si osserva.
E sa che parte del ragazzino di un tempo non c'è più.
Per sempre.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

secondo me c'è ancora e ci sarà per sempre...se lo vorrà...e magari può far compagnia a una ragazzina che balla da sola..

Unknown ha detto...

Si, per ballare insieme.
Da soli, insieme.

Anonimo ha detto...

la prima parte, quella del ragazzino, sembra una storia mia.

Con la differenza che invece del metallo c'è l'hip hop e della gente più piccola, gente più grande, in particolare il mio maestro, il (ora) quarantenne che mi ha insegnato a maneggiare mixer e piatti.

Kid DjD non è mai morto, però

Unknown ha detto...

Parte di quel ragazzino probabilmente non c'è più, ma il ragazzino c'è ancora.

Che strano raccontare in modo così diverso la stessa storia... ricordi, eravamo al solito tavolo.
E la Miami Story (era Miami, yes? Senilità furente here and now) era bella pure.

Ciao, mpare.

Anonimo ha detto...

no, era Orlando (Florida)

il Kid e Mos Def e Talib Kweli

mi avessero sentito sabato mi avrebbero detto le stesse cose